Teheran, 2 gennaio 2025 – Cecilia Sala, giornalista italiana di 29 anni, è detenuta dal 19 dicembre 2024 nel carcere di Evin, alla periferia di Teheran. Si tratta di una giornalista affermata, nota per reportage scritti in zone di crisi. Lavorando per Il Foglio e Chora Media, il suo impegno nel raccontare realtà difficili l’ha portata in molte aree critiche del mondo. Il suo caso rappresenta una sfida diplomatica che intreccia diritti umani, geopolitica e libertà di stampa. Arrestata con l’accusa generica di aver violato le leggi della Repubblica islamica, Sala si trovava in Iran con un visto giornalistico per registrare puntate del podcast Stories.
Le sue condizioni di detenzione destano preoccupazione, poiché è emerso che è rinchiusa in una cella singola, priva di riscaldamento, senza materasso e senza occhiali da vista. L’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha potuto incontrarla brevemente il 27 dicembre, ed è risultato che Sala non ha ricevuto i beni di prima necessità.
La vicenda si intreccia con l’arresto a Milano, pochi giorni prima, di Mohammad Abedini Najafabadi, un ingegnere iraniano accusato dagli Stati Uniti di esportare componenti elettronici per droni verso l’Iran. Secondo alcune ipotesi, ancora prive di conferme ufficiali, il fermo di Sala potrebbe essere una ritorsione, con l’intento di proporre uno scambio di prigionieri.
Il governo italiano si è attivato con passi diplomatici significativi. La premier Giorgia Meloni ha convocato un vertice urgente a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e i rappresentanti dell’intelligence. Tajani ha incontrato l’ambasciatore iraniano a Roma, ribadendo la richiesta di rilascio immediato e garanzie sulle condizioni di detenzione.
L’Iran ha dichiarato che Sala è trattata bene e ha accesso consolare. Tuttavia, ha richiesto al governo italiano di accelerare la liberazione di Abedini, definendolo vittima di false accuse.
Last modified: Gennaio 2, 2025